Il Centro Sportivo Italiano (CSI) ha origini lontane.
Agli inizi del XX secolo, e precisamente il 23 agosto 1906, venne fondata la FASCI (Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane) al termine di un’adunanza di società sportive cattoliche tenutasi presso il Santuario della Beata Vergine di Oropa, in provincia di Biella. La decisione fu presa in un contesto storico-sportivo particolare.
Il conflitto risorgimentale tra lo Stato liberale e la Chiesa cattolica era ancora vivo e spesso le società sportive di matrice cattolica venivano osteggiate o messe al bando, all’interno delle diverse realtà territoriali. Si pensò dunque di creare una struttura autonoma nella quale lo sport cattolico potesse raccogliersi e crescere. Nacque la Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche Italiane.
Il nome della nuova associazione esprimeva una precisa scelta di fondo: quella di essere aperti a tutte le possibili discipline sportive e non alla sola ginnastica, che in quei tempi andava molto di moda e costituiva il nocciolo duro dello sport nazionale.
Allo scoppio della Grande Guerra la FASCI decise, in piena autonomia, di rallentare o interrompere addirittura il suo impegno nel campo specifico delle proprie attività. Fu una scelta di responsabilità nei confronti della realtà umana e sociale: lo sport era fatto di gioventù, e la gioventù moriva al fronte.
La fine della guerra riportò la Federazione al suo impegno quotidiano. Le attività ripresero, ma nuovi eventi andarono a incidere negativamente sullo svolgimento della vita dell’associazione.
L’avvento del Fascismo si presentò subito come una minaccia al libero associazionismo. Dapprima furono difficoltà legate alla nuova realtà politica e alle sue ricadute sulla vita sociale. Ma gli ostacoli sempre crescenti fecero comprendere che, nella nuova dinamica politica non potevano essere concepite forme di associazionismo estranee al nascente regime.
Finché fu evidente che tutto Io sport giovanile sarebbe dovuto cadere sotto le direttive del Fascismo, che per questo fondò l’Opera Nazionale Balilla, destinata a monopolizzare qualsiasi attività giovanile.
Di fronte alla prepotenza, al clima di intimidazione, alla tendenza totalitaria del regime fascista, la FASCI decise di autosciogliersi nel 1927, allo scopo di preservare il mondo degli istituti, dei ricreatori, degli oratori festivi e dei circoli cattolici da forme di scioglimento violento. li mondo cattolico, sia pur faticosamente e in torme diverse, portò avanti la sua missione nelle parrocchie, che continuarono a far vivere motivazioni, valori, attività che a distanza di anni sarebbero riemersi nel clima della nuova, riacquistata libertà nazionale.
La guerra non è ancora finita ma quando. settembre 1943, si dissolvono le strutture dello Stato fascista e inizia la liberazione dell’Italia, i movimenti dell’Azione Cattolica riprendono la loro spinta propulsiva a un nuovo apostolato. Nasce l’esigenza quindi di riorganizzare le strutture che possano permettere un’azione efficace.
Il 5 gennaio 1944 la Direzione dell’Azione Cattolica, ispirata dal professor Luigi Gedda, fonda un organismo specializzato per lo sport. Subito dopo la liberazione di Roma, nel giugno 1944, viene fondato il Centro Sportivo Italiano (CSI).
Nasce COSI il CSI che, pur ispirandosi alle idee della FASCI e pur mantenendo la collocazione in area cattolica, assume un nome nuovo per testimoniare la sua apertura a tutti i giovani italiani e non solo a quelli delle associazioni sportive cattoliche. Sempre nel 1944, riprendendo l’esperienza di Forza e Grazia (auto-scioltasi nel 1928 sotto la pressione del regime fascista), viene fondata una nuova associazione ad opera di alcune dirigenti centrali della Gioventù femminile di Azione Cattolica: la Federazione Attività Ricreative Italiane (FARI), che rivolge le sue attività alle ragazze e alle donne. L’Italia, e quindi gli italiani, avevano necessità di uscire dal dramma della guerra ma anche dal vuoto del totalitarismo fascista, dalla sudditanza all’autoritarismo gratificante, dalla gerarchizzazione della società. Dovevano costruire una società nuova, aperta alla partecipazione attiva, alimentata dal contributo di tutte le persone. indipendentemente dal sesso, dalla condizione sociale, dalle condizione razziale, dall’orientamento politico.
L’Italia era un cantiere e in questo cantiere il CSI portò la sua azione che, uscendo dal limite della realtà ecclesiale, si apriva a tutta la società, portando il proprio contributo originale legato alla sua anima cattolica.
Man mano che la liberazione dell’Italia, partendo dal Sud, si realizzava, nascevano —ad opera di giovani dell’Azione Cattolica Italiana — i nuovi Consigli provinciali del CSI che, tacendo centro nelle parrocchie, riorganizzarono l’attività sportiva nel territorio, potendo tra l’altro contare su impianti sportivi – spesso campetti parrocchiali più o meno semplici ma pur sempre agibili — in un mondo segnato dalla loro distruzione.
Interessante, a questo proposito, andare a verificare le date di nascita dei nuovi Comitati provinciali: Messina nel 1944, Napoli nel 1944, Bari nel 1945 e cosi via.
I nuovi Consigli provinciali del CSI potevano contare sul volontariato di allenatori dell’area cattolica, che ritrovavano la speranza e la gioia di mettersi al servizio dei giovani. E accanto all’attività sportiva nasceva anche una seria attività di formazione di nuovi giovani desiderosi di vivere l’esperienza di allenatori-educatori.
Del resto. sin dal tempo della FASCI, la formazione degli allenatori e degli istruttori era alla base dell’associazionismo cattolico. Intatti, se si sceglieva di proporre un’attività sportiva con finalità educativa e sociale, non ci si poteva accontentare di giovani che si improvvisassero educatori. Era necessario, invece, formarli sotto l’aspetto motivazionale, etico, tecnico e spirituale: la formazione sarà sempre uno degli aspetti qualificanti anche del CSI, sin dalla sua nascita.
Le due associazioni, CSI e FARI, raccoglievano quindi la gioventù italiana. maschile e femminile, in un progetto sportivo segnato dalla cultura cattolica e caratterizzato da una forte vocazione educativa.
L’Italia intraprende lentamente, ma anche con entusiasmo e speranza, la strada della ricostruzione non solo materiale ma soprattutto civile, politica e sociale.
Nonostante la sofferenza e la distruzione portate dalla guerra, gli italiani vivono una nuova stagione di speranza e fervore e in questo contesto il CSI porta il suo contributo, cercando di far rinascere un’attività sportiva libera dalle sovrastrutture ideologiche anche se, logicamente, ispirata alle radici cristiane. La sua azione si alimenta dell’entusiasmo dei suoi quadri tecnici e organizzativi.
Negli anni che vanno dal 1945 al 1947, il CSI lavora intensamente per dotarsi di una torte struttura centrale che sia in grado di radicare le strutture associative in tutto il territorio dell’intera, rinascente nazione. In questo lavoro i dirigenti del CSI traggono forza dalle parrocchie riunite attorno agli Uffici Sportivi diocesani, riattivando, come accennato. le attrezzature e gli impianti che erano sfuggiti alle distruzioni del Fascismo.
II CSI si radica sempre più sul territorio e. grazie anche ai dirigenti e alle loro capacità organizzative. agli allenatori e alla loro competenza tecnica, finisce per rappresentare una presenza forte e valida nel territorio nazionale.
In virtù di questa significativa presenza, alla fine degli anni Quaranta sembra possibile una collaborazione tra il CONI, che rappresenta lo sport ufficiale, e il CSI, che in tal modo può dedicarsi in esclusiva al settore promozionale.
Se il CSI può cosi usufruire dell’aiuto dei quadri tecnici delle Federazioni, il CONI può appoggiarsi alle associazioni cattoliche per cercare di superare la crisi in cui erano cadute le sue strutture provinciali. II CONI affida tra l’altro al CSI, a testimonianza delle capacità tecnico-organizzative dell’associazione, l’organizzazione dei Campionati nazionali studenteschi a partire dal 1945.
Vengono al contempo stipulati diversi accordi tra CSI e alcune Federazioni. Nel 1949, in collaborazione con la FISI, nascono i Campanili Alpini e successivamente i Campanili Marini, per la promozione degli sport di montagna e di mare; nel 1949 il Troteo della Montagna e il Corpo degli Alpini. Per i giovani si organizzano lo Ju Sport (ragazzi 10-14 anni), la Sport Vitt e le Olimpiadi Vitt (giovani 16-20) e ancora l’Arcobaleno Sport che comprende otto trotei con altrettante discipline sportive.
Alla ripresa del Giro d’Italia il CSI partecipa con una squadra di veterani e alcuni giovani e nel 1947 iscrive al giro la squadra Arbos Talbot CSI.
Tuttavia questo clima di collaborazione dura poco: il CONI tende nuovamente a riappropriarsi della gestione complessiva dello sport in Italia e il CSI si trova a vivere il suo impegno da solo.
Nonostante ciò negli anni 50 il CSI conosce uno sviluppo entusiasmante e vede crescere il numero delle società sportive e degli atleti.
Nel mese di ottobre 1955 il CSI festeggia il suo decennale con un grande raduno a Roma, che si conclude con un omaggio a papa Pio XII. Proprio nel momento della celebrazione, però, il CSI si rende conto che la realtà spinge verso un futuro ancora una volta nuovo: lo sport, dal momento della ricostruzione o della costruzione, si trasforma in uno strumento di crescita per una società che deve dar senso ai tempi nuovi che si annunciano.